Storie di ordinaria disinformazione.
Trasmissione televisiva di agricoltura e alimentazione.
Visita alla ridente azienda agricola delle zone interne. L'allevatore spiega che per il tipo di terreno e di condizioni ambientali (compresa la mancanza di acqua per irrigare) in questa azienda l'unica attività agricola possibile è la zootecnia, con la produzione aziendale di foraggi e altri alimenti vegetali per il bestiame.
"Con questi terreni è inutile usare concimi chimici; quindi il nostro non è un biologico certificato, però è un biologico autentico".
Che cosa significa? Mistero.
Il bravo presentatore, mediamente disinformato, si guarda bene da porre domande del tipo: "E nell'allevamento, lei usa antibiotici? Usa altri farmaci veterinari e integratori? Date al bestiame un'integrazione della razione con cereali o altri alimenti? (magari soia, forse pure Ogm, cioè geneticamente modificata)". In pratica, il bravo presentatore non chiede se in questa azienda siano rispettate altre fondamentali condizioni dell'agricoltura e della zootecnia biologica.
Parte invece una generica domanda sul costo della certificazione, quantificato "a occhio" in 2-3.000 euro.
Morale: in questa sede non abbiamo alcuna intenzione di fare una difesa d'ufficio o una pubblicità gratuita agli organismi che controllano e certificano l'agricoltura biologica. Non ne hanno bisogno. Però, c'è un limite al pressapochismo e alla cattiva informazione. La certificazione permette a un consumatore di Bari o di Sondrio (ma anche di Lione o di Cracovia) di sapere se quella marmellata, quella caciotta o quella bottiglia di vino sono stati prodotti seguendo le norme sul biologico che tutta Europa accetta.
Nulla vieta che, soprattutto nelle piccole e piccolissime aziende, si seguano i principi del biologico senza chiedere la certificazione, perchè il costo può essere troppo gravoso per l'azienda. L'azienda è ovviamente libera di spiegare ai suoi clienti in che modo produce i pomodori o l'olio extravergine di oliva ma non può, ad esempio, scrivere in etichetta che quel prodotto viene da "agricoltura biologica non certificata"!
Parlare di "biologico autentico non certificato" è sostanzialmente una truffa, un inganno che ha come risultato quello di creare confusione nei consumatori.
La coltivazione biologica non significa soltanto "non usare concimi chimici": sarebbe troppo semplice!
L'allevamento biologico del bestiame, per esempio, prevede tante norme diverse, dall'alimentazione alla veterinaria, dal benessere animale alle condizioni di vita. Non a caso, dopo l'approvazione del primo regolamento europeo sulla coltivazione biologica nel 1991, ci sono voluti altri otto anni di discussioni per arrivare a un (complesso) regolamento sulla zootecnia biologica.
A onor del vero, nella stessa trasmissione, qualche minuto dopo, le telecamere sono andate in un allevamento biologico di galline e qui sono state rivolte tante domande molto più circostanziate, dallo spazio a disposizione di ciascuna gallina al tipo di alimentazione ecc.
martedì 17 novembre 2009
Biologico autentico? Sì, forse. O forse no.
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1 commento:
Faccio parte di un gruppo d'acquisto solidale e nella ricerca dei nostri fornitori usiamo vari criteri fra cui:
- certificazione biologica.
- filiera corta e km 0.
- fornitori locali di piccole dimensioni con cui stabilire un rapporto di amicizia e collaborazione.
In questa nostra ricerca ci imbattiamo spesso in piccole aziende a conduzione familiare che pur facendo agricoltura biologica non possono ottenere la certificazione perchè questa ha dei costi insostenibili per la loro azienda.
Dalla mia esperienza mi sembra che, in pochi casi alcuni facciano i furbi, ma la stragrande maggioranza sia onesta e se avesse le possibilità economiche prenderebbe la certificazione.
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