Filiera corta, vendita diretta, spesa in campagna, mercati contadini... è la tendenza del momento, per far incontrare il desiderio degli agricoltori di veder meglio retribuito il proprio lavoro e dei consumatori, alle prese con una crisi dei prezzi alimentari sconosciuta da almeno venti anni.
In questo articolo vengono esaminati i risultati del rapporto Ismea sui prezzi dei prodotti biologici nelle diverse fasi della filiera. L'esito è quasi scontato. La vendita diretta conviene: al produttore agricolo ma anche al consumatore.
Comprare bio? Meglio dal produttore
di Pier Francesco Lisi
In tempi di crisi economica generale e, in particolare, di rincari continui dei prodotti alimentari, tutti i consumatori hanno un occhio più attento al carrello della spesa. Non solo in Italia si spende meno per la tavola: in Germania, infatti, è boom dell'acquisto di cibi negli hard discount.
Anche per chi preferisce i prodotti biologici, la situazione non è rosea. La prima cosa per acquistare bene è avere le informazioni giuste. Per questo, arriva al momento opportuno il rapporto Ismea sui prezzi dei prodotti biologici all'origine, all'ingrosso e al consumo, relativi al gennaio 2008. Dal rapporto, infatti, emergono dati interessanti anche per le scelte dei consumatori.
Uno degli obiettivi dello studio è il miglioramento delle statistiche sull’agricoltura biologica a livello comunitario, finalità espressamente stabilita anche nel Regolamento CE 834/07, che entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio 2009.
I prezzi al consumo dei prodotti biologici sono stati rilevati in punti vendita specializzati e in aziende agricole che fanno la vendita diretta. Anche se il campione rilevato non è molto ampio (20 punti vendita e 5 aziende bio), i dati sono comunque interessanti.
Secondo l'Ismea, in media la quota di retribuzione dei produttori è risultata pari al 42% del prezzo finale, mentre il 23,3%, ha riguardato i grossisti e il rimanente 33,7% il mercato al consumo. I prodotti che rendono di più in percentuale ai produttori sono i carciofi (68,1%), le uova (51,3%) e le pere (47,8%). Al contrario, i prodotti meno remunerativi per chi li produce sono i mandarini (23,9%) e i peperoni (25%). In media, ai produttori biologici va il 37% del prezzo finale della frutta, il 39% per gli ortaggi, il 40,7% per l'olio extravergine e il 42% per le uova.
Un dato che ci si poteva aspettare, ma forse non nelle proporzioni evidenziate da Ismea, riguarda i canali di vendita. Il prezzo dei prodotti bio nei negozi specializzati è sempre superiore rispetto a quello praticato nella vendita diretta. Anche in questo caso le differenze non sono omogenee per i vari prodotti. In media nelle aziende agricole si spende il 20-30 % in meno; si arriva però anche a dei picchi, per cui nei negozi specializzati si possono pagare i mandarini fino al 70% in più o i finocchi addirittura fino al 120%. In generale, i settori in cui l'acquisto diretto in azienda è risultato più conveniente sono gli ortaggi, l'olio extravergine di oliva, il vino (rosso Doc) e le carni suine.
I dati, secondo Ismea, confermano che la filiera corta, con l'eliminazione di alcuni passaggi commerciali, consente di abbattere il prezzo di vendita finale, con vantaggi per il consumatore ma anche per il produttore, che può spuntare una remunerazione più elevata.
[articolo pubblicato sul periodico "Suolo e Salute", n.3-2008]
[foto Bioexpress www.bioexpress.it]